Nel giardino
E questa è l’ora,
mai stata dopo
mai stata prima,
adesso è il tempo
che non passa,
adesso è il tempo
che non arriva.
Qui nel giardino,
le voci di ossa
il fantasma vivo.
E questa è l’ora,
mai stata dopo
mai stata prima,
adesso è il tempo
che non passa,
adesso è il tempo
che non arriva.
Qui nel giardino,
le voci di ossa
il fantasma vivo.
Saranno lusinghiere le loro dita
nel farti pronunciare il sangue. Leggi il seguito di questo post »
Ecco:
ecco le pulci del vento e le pulci dell’acqua,
e dentro ogni pulce, sotto il sangue rubato
ecco le stelle del cielo del paese inventato,
queste briciole tracciate sulla pelle dell’acqua. Leggi il seguito di questo post »
Allora è così che nascono i morti. Così.
Da queste mani di fiore, con queste spugne zuppe d’acqua e acqua di occhi.
A filo di labbra. Leggi il seguito di questo post »
A bordo strada un gruppo di uomini con le mani gonfie
e le unghie spezzate (unghie di liquirizia aspra)
rovista in quel che resta: già, ma cosa resta? Poco, ben poco resta,
giusto una nuvola rosa sventrata che potrebbe essere un gatto, che potrei essere io. Leggi il seguito di questo post »
Sfogliare il tuo respiro: il tuo respiro vicino: quello lontano:
lasciare che si diluiscano senza intervenire,
ciocca sopra ciocca, gorgo sopra gorgo, risucchio su risucchio, lingua su tutte le lingue.
Fino a quando le vene di altri mattini decideranno di esplodere,
come piccoli miracoli che non conoscerò mai appieno,
come lunghe boccate di notte inondata di altra notte.
Londra è la miseria che coccolo nella luce sfiancata delle mie palpebre spalancate,
la luce delle mie palpebre spalancate dalla luce delle tue palpebre serrate.
Perdonalo, e perdilo, questo fascio di nervi stesi,
e ascoltalo, anche, ascoltalo come un mazzo di fiori
crudo.
Sotto, sotto sta la neve,
piccole labbra da spalancare con dita cattive,
la neve,
così sciolta, così rotonda.
Tutto questo in pieno sole. Davanti al mare. Leggi il seguito di questo post »